La revoca dell’amministratore di un condominio può essere disposta dall’autorità giudiziaria su ricorso di ciascun condomino nei seguenti casi: a) violazione dell’obbligo di informare tempestivamente l’assemblea di azioni giudiziarie nei confronti del condominio ex art 1131 c.c. b) la violazione dell’obbligo di rendiconto della gestione c) in caso di gravi irregolarità
Il decreto del Tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio ai sensi degli artt. 1129 e 64 disp. att. costituisce un provvedimento di volontaria giurisdizione in quanto sostitutivo della volontà assembleare e tutela l’interesse ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale in ipotesi di “mala gestio” della stessa.
Infatti, ad essere legittimati a contraddire dinnanzi l’autorità giudiziaria nel processo di revoca sono il solo amministratore ed i condomini firmatari del ricorso giudiziale e non l’intero condominio (si veda al riguardo la sent. (sent. 22 ottobre 2013 n. 23955).
Le condotte omissive o commissive imputabili all’amministratore che violano i doveri imposti dalla legge e/o dal regolamento, implicano una “giusta causa” di revoca perchè l’amministratore, in qualità di legale rappresentante del condominio, si impegna a gestire e tutelare i diritti ad esso correlati e, per la sua qualità di mandatario, è tenuto a eseguire gli obblighi contrattualmente assunti con la “diligenza del buon padre di famiglia” (art. 1710 c.c.).
Se non compie esattamente quanto stabilito, è tenuto al risarcimento del danno in base ai principi sulla responsabilità contrattuale, che derivano dall’art. 1218 c.c. (responsabilità del debitore) oltre a quelli penalistici che potrebbero verificarsi nei casi più gravi.
Oltre a tali aspetti, la revoca giudiziale dell’amministratore potrebbe generare una responsabilità specifica che si proietta nella sfera professionale dell’amministratore iscritto contemporaneamente ad un ordine professionale.
Infatti, la condotta del professionista iscritto ad un Ordine professionale che venga revocato dal Tribunale dalla carica di amministratore condominiale può essere oggetto di illecito disciplinare previsto dal proprio Codice deontologico di categoria in quanto il comportamento del professionista deve essere consono alla dignità, al decoro, all’onore dell’immagine della propria professione, anche al di fuori dell’esercizio della stessa; il professionista si deve, altresì, astenere da qualsiasi azione che possa arrecare discredito al prestigio della professione e dell’Ordine al quale appartiene.
Sarà quest’ultimo ad essere competente ed a decidere riguardo la configurabilità di tale illecito deontologico e alle eventuali sanzioni mediante un procedimento disciplinare che può portare all’irrogazione di diversi tipi di sanzione dalla censura alla sospensione dall’esercizio professionale fino, nei casi più gravi alla radiazione dall’albo.
Nonostante la recente riforma in materia condominiale, l’attività di amministratore condominiale rimane non regolamentata in quanto non esiste un Albo professionale specifico per gli amministratori e, pertanto, si dovrà far riferimento al Consiglio dell’Ordine di appartenenza del professionista/amministratore il quale, deliberando l’apertura di un procedimento disciplinare, puntualizzerà specificatamente gli addebiti mediante invio all’incolpato di regolare comunicazione scritta nonché l’invito a comparire davanti a sé per discolparsi.