L’art. 844 c.c. vieta le immissioni nella proprietà altrui stabilendo, altresì, che il proprietario non possa impedire le immissioni di fumo, calore, rumori o scuotimenti che non superino la normale tollerabilità.
L’anzidetta norma è applicabile anche nei rapporti tra condomini di uno stesso edificio, quando uno di essi, nel godimento della cosa propria o comune, dia luogo ad immissioni moleste e dannose nella proprietà dell’altro.
E’ da tenere presente che , nei rapporti di vicinato, vale anche la norma generale dell’art 1102 c.c. per cui, ciascun condomino, può servirsi della cosa comune rispettandone la destinazione e l’uguale diritto degli altri condomini.
Tale principio trova attenuazione nel divieto nei confronti del proprietario di un appartamento di godere della propria cosa in modo da produrre, nell’appartamento dei vicini, disturbi che superino la normale tollerabilità.
Il concetto di “normale tollerabilità” deve essere sempre accertato caso per caso , poiché si riflette ad un complesso di circostanze essenzialmente dipendenti dalla condizione dei luoghi, valutazione affidata al giudice che, con decisione adeguatamente motivata, dovrà evitare di imporre limiti nel godimento ed uso che non siano giustificabili con quelle esigenze che la legge indica come meritevoli di tutela, quali il soddisfacimento di una normale qualità di vita, il riposo notturno, la tutela della salute (si cfr. Corte di Cassazione Sezione 2 Civile – Sentenza del 12 febbraio 2010, n. 3438).
E’ chiaro che , al condomino, non possa vietarsi l’uso normale del proprio appartamento anche quando lo stabile sia suscettibile di produrre facilmente propagazioni di ogni più piccolo rumore, pertanto, non costituiscono “immissioni illecite” la tosse di un ammalato, il russare, il pianto di un bambino, l’abbaiare di un cane, altrimenti la convivenza tra vicini di casa sarebbe davvero impossibile.
Come valutare l’intollerabilità del rumore?
Per avere il dato certo bisogna effettuare due misurazioni, dapprima si misura l’immissione di rumore, quando la sorgente del rumore in questione è presente e, successivamente, si misura il c.d. “rumore di fondo”, quando la sorgente del rumore non è presente.
L’immissione del rumore sarà rappresentata dalle variazioni del livello sonoro del rumore intrusivo i cui picchi, mediamente, non devono superare il limite massimo della c.d. “normale tollerabilità” secondo i parametri amministrativi ovvero a 3 dB oltre il rumore di fondo.
In presenza di immissioni sonore intollerabili il danneggiato, sia proprietario o inquilino, potrà proporre azione nei confronti del condominio in persona dell’amministratore o di un altro soggetto proprietario dell’immobile da cui queste immissioni provengono, in modo da far cessare le attività illegittime nonché chiedere il risarcimento per i danni subiti, in quanto l’immissione nociva comporta sempre l’alterazione dell’equilibrio psicofisico del soggetto, aspetto, ricordiamo, garantito dall’art. 32 della Costituzione.
Si ricorda, infine, che l’art 659, comma primo, Codice Penale, punisce il disturbo della pubblica quiete da chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepitii di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone. Tale reato si configura se il soggetto ha compiuto, dolosamente o colpevolmente, schiamazzi o rumori quali grida o diverbi oppure abbia abusato di strumenti sonori in tempo o in luoghi o in modo contrario alle leggi e alle consuetudini oppure, abbia suscitato o non impedito umori prodotti da animali.
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