Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare i figli. Che succede quando la coppia con figli si separa e cessa la convivenza? Scopriamolo assieme!
La legge prevede di regola l’ affidamento condiviso ad entrambi i genitori (c.d. “bigenitorialità”), cosicché la titolarità e l’esercizio della potestà rimanga in capo ad entrambi i genitori (art. 155, terzo comma, c.c.).
Ciò comporta che le decisioni di maggiore interesse per i figli devono essere assunte di comune accordo, tenuto conto dell’inclinazione dei medesimi, lasciando la scelta monoparentale solamente se l’opzione “bigenitoriale” sia di pregiudizio per il sano e armonico sviluppo del minore, con obbligo però, in tal caso, al Giudice di specificarne le motivazioni nel provvedimento (artt. 155, secondo comma, c.c. e 155-bis c.c.) e solo se l’affidamento condiviso sia pregiudizievole per l’interesse del minore (si cfr. Cass civ. sent. n. 27 del 3 Gennaio 2017).
Pertanto, riteniamo che il giudice non abbia facoltà di omologare eventuali accordi fra i genitori che dovessero prevedere che il minore rimanga affidato, senza fondati motivi, ad uno solo dei genitori ovvero che dovessero escludere il rapporto con un ramo parentale, poiché entrambi gli accordi sarebbero lesivi dei diritti del minore.
Tuttavia, il mutare della situazione di fatto esistente al tempo dell’emissione del provvedimento o la sopravvenienza di nuove circostanze, consentono di richiedere al giudice, la modifica del provvedimento precedentemente adottato.
L’art. 337 quater c.c. non individua esplicitamente i casi in cui vada adottato l’affidamento esclusivo, ma tale indagine viene lasciata alla valutazione del giudice.
Per far ciò viene spesso disposto, nel giudizio di merito, di dare mandato al Servizio Territoriale di NPI competente di accertare la capacità genitoriale di entrambe le parti, la qualità dei rapporti fra i minori e ciascuno dei genitori, verificando, altresì, se uno o entrambi tengano condotte di pregiudizio nei confronti dei figli, in particolare ostacolando il rapporto con l’altro genitore.
Sul punto c’è da dire che la conflittualità tra coniugi non può costituire la sola ragione sufficiente ad escludere l’affidamento condiviso, giacché spesso ciò connota i procedimenti di separazione, tanto che questo principio viene anche ribadito da numerose pronunce giurisprudenziali (In tal senso: Cass. civ. Sez. I, 31 marzo 2014, n. 7477; Cass. civ. Sez. I, 3 dicembre 2012, n. 21591; Cass. civ. Sez. I, 29 marzo 2012, n. 5108; Cass. civ. Sez. I, 8 febbraio 2012, n. 1777; Cass. civ. Sez. I, 19 maggio 2011, n. 11062; Cass. Sez. I, 18 giugno 2008 n. 16593).
Bisogna, però, far bene attenzione che tale conflittualità non sfoci nell’indurre ostilità e timori nei figli al solo scopo di danneggiare l’immagine dell’ex coniuge o persino ricattarlo: il conflitto viene spesso patito dai figli che lo subiscono e non lo creano.
Infatti, l’atteggiamento denigratorio di un coniuge nei confronti dell’altro dimostra l’oggettiva inidoneità alla condivisione della responsabilità genitoriale e, quindi, l’esclusione dell’affidamento condiviso.
Invece, per quanto riguarda l’oggettiva lontananza di uno dei coniugi ciò non preclude la possibilità di un affidamento condiviso del minore ad entrambi i genitori, potendo detta distanza incidere soltanto sulla disciplina dei tempi e delle modalità della presenza del minore presso ciascun genitore (art. 155 c.c., comma 2, e art. 155 quater c.c., comma 2).
In particolare, evidenziamo che una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 9633/2015, fa chiarezza sul punto stabilendo che l’affido condiviso può essere concesso anche quando i genitori vivano in città diverse e lontane fra loro.
In ogni caso, se un genitore trasferisce la propria residenza in un luogo così distante da rendere, di fatto, impossibile l’esercizio del diritto di visita con le modalità stabilite all’epoca della separazione (o del divorzio) dei coniugi , ciò può causare un serio pregiudizio in danno del minore che subirebbe, sia la brusca interruzione di ogni rapporto con il genitore non affidatario, che il repentino mutamento di tutte le sue consuetudini di vita.
Per questi motivi, per esempio, se i genitori hanno la residenza in nazioni diverse, è stato ritenuto dalla giurisprudenza che l’affidamento dovrebbe essere attribuito al genitore che assicuri ai figli la permanenza nell’ambito culturale, parentale e territoriale a loro consueto, ciò anche conformemente all’art. 10, comma 2, della Convenzione ONU sui Diritti del Fanciullo, firmata a New York, il 20 novembre 1989, in cui si prevede che: “un fanciullo i cui genitori risiedano in Stati diversi deve avere il diritto di mantenere, salvo circostanze eccezionali, relazioni personali e contatti diretti regolari con entrambi i genitori“.
Un altro argomento a favore dell’esclusione dell’affidamento condiviso è rappresentato dall’esplicito rifiuto del figlio di avere qualsiasi rapporto con uno dei genitori.
Se si riscontra il netto rifiuto di qualsiasi rapporto con uno dei genitori da parte del figlio, il Giudice potrebbe esser costretto a non disporre l’affidamento condiviso dovendosi piuttosto confermare l’affidamento a quel genitore “scelto” dal figlio.